L’ipotesi di supplire alla cancellazione dei buoni lavoro rischia di introdurre l’ennesima complicazione burocratica. Interessati dai contratti a chiamata lo 0,5% dei lavoratori italiani dell’artigianato, poco più di mille all’anno in tutta Italia…“Un tentativo di salvare il bambino sciaguratamente gettato insieme con l’acqua sporca”.

E’ questa in estrema sintesi la posizione della Claai-Confederazione Libere Associazioni Artigiane Italiane in merito all’ipotizzata idea di far applicare i contratti a chiamata per supplire al vuoto generato dalla soppressione dei voucher.

“Secondo una nostra analisi – commenta il segretario generale Claai, Marco Accornero -, negli ultimi tre anni solo lo 0,5% dei lavoratori impiegati nell’artigianato in Italia hanno beneficiato di contratti di lavoro a chiamata, pari a poco più di un migliaio ogni anno. Assunti cioè a tempo determinato o indeterminato, ma chiamati solo all’occorrenza a prestazioni di lavoro poi retribuite con cedolino mensile, comprensivo di relativo rateo di ferie e tredicesima.” 

“Per le imprese che dovranno utilizzare questo strumento al posto dei buoni lavoro – spiega Accornero – si tratta di un inutile appesantimento burocratico che comporterà altri costi. Occorrerà stipulare un contratto, perciò adempiere a tutte le comunicazioni necessarie e quindi predisporre la busta paga nelle occasioni in cui il dipendente presterà effettivamente il lavoro, per sua natura estremamente saltuario. Appare di difficile applicazione per le famiglie e comunque per quegli impegni discontinui e sporadici, come ad esempio uno studente che consegna le pizze alla sera, una donna che svolge mansioni di pulizia negli stabili, un pensionato che arrotonda con piccole manutenzioni.” 

“Questo maldestro tentativo di porre una toppa al vuoto lasciato dall’improvvida eliminazione dei voucher – conclude Accornero – conferma quanto meramente ideologica e lontana dalla realtà sia stata l’influenza che ha spinto il Governo ad agire, nel supposto interesse di una infinitesima parte di lavoratori italiani. E al danno si aggiunge la beffa di introdurre un ulteriore elemento di rigidità nel mercato occupazionale, che invece urge di provvedimenti di snellimento, flessibilità e taglio dei costi.”