È fragile il lavoratore colpito da patologie che in caso di infezione da Coronavirus potrebbero determinare un esito più grave o infausto della malattia. Non basta il solo criterio dell’età per dire se un persona che sviluppa il Covid rischia di più.

In una circolare (lavoratori-fragili) appena diffusa dal ministero alla Salute si illustra il sistema con cui vengono riconosciute le esenzioni dal lavoro in base allo stato di salute. Il documento, che fa una rassegna delle norme esistenti in materia, è stato stilato pensando soprattutto alla scuola. In questo periodo si sta cercando di capire quanti sono i docenti che potrebbero essere dispensati proprio perché la circolazione del coronavirus li mette in pericolo. Si era parlato di 400mila persone, ma si tratta degli over 55, non i prof con problemi di salute. Il dato sarebbe quindi molto inferiore.

Il concetto di fragilità – è scritto nella circolare – va dunque individuato in quelle condizioni dello stato di salute del lavoratore/lavoratrice rispetto alle patologie preesistenti che potrebbero determinare, in caso di infezione, un esito più grave o infausto“.

Riguardo all’età tale parametro da solo, anche sulla base delle evidenze scientifiche, non costituisce elemento sufficiente per definire uno stato di fragilità. Piuttosto la maggiore fragilità nelle fasce di età più elevate della popolazione va intesa congiuntamente alla presenza di comorbilità che possono integrare una condizione di maggior rischio. Nella circolare si citano alcuni dati, ad esempio il 96,1% di deceduti che presentava uno o più patologie: il 13,9% una, il 20,4% due, il 61,8% tre o più. Le più frequenti erano malattie cronico-degenerative a carico dell’apparato cardiovascolare, respiratorio, renale e malattie dismetaboliche”. In aggiunta “sono state riscontrate comorbilità di rilievo, quali quelle a carico del sistema immunitario e quelle oncologiche.

I lavoratori devono poter chiedere al datore l’attivazione di misure di sorveglianza sanitaria. Le eventuali richieste di visita dovranno essere corredate dalla documentazione medica relativa alla patologia diagnosticata, si spiega nella parte operativa delle linee guida. Come previsto dalle leggi sulla sicurezza del lavoro, alcuni datori devono avere la figura del medico competente, che deve occuparsi dei dipendenti. E dove non c’è il datore può indirizzare il lavoratore all’Inail. La circolare introduce altre due possibilità, ci si può infatti rivolgere anche alle aziende sanitarie locali o ai dipartimenti di medicinale legale e di medicina del lavoro delle università. Valutate le mansioni del lavoratore il medico esprimerà il giudizio di idoneità fornendo, in via prioritaria, indicazioni per l’adozione di soluzioni maggiormente cautelative per la salute del lavoratore o della lavoratrice per fronteggiare il rischio di Sars-Cov-2, riservando il giudizio di non idoneità temporanea solo ai casi che non consento soluzioni alternative. La visita va ripetuta periodicamente.