Il tema degli infortuni sul luogo di lavoro e del contagio da Covid-19, molto attuale, delicato e foriero di interpretazioni e timori da parte di tante imprese, trova preziosi chiarimenti nell’autorevole parere dell’avvocato Rossana Cassarà dello studio Limatola di Milano ( via priv. Cesare Battisti 2 – 02.45496725).

“Il punto di partenza della posizione dell’INAIL – si legge nell’analisi dell’avvocato Cassarà –  è l’art. 42 del D. L. 18/2020, c.d. Cura Italia, che qualifica l’infezione da coronavirus quale infortunio sul lavoro disponendo che “nei casi accertati di infezione da coronavirus in occasione di lavoro, il medico certificatore redige il consueto certificato di infortunio e lo invia telematicamente all’Inail che assicura, ai sensi delle vigenti disposizioni, la relativa tutela dell’infortunato”.

La circolare INAIL n. 13 chiarisce l’ambito della tutela assicurativa prestata, sia sotto il profilo dei destinatari, cioè tutti i soggetti assicurati dall’Istituto quindi lavoratori dipendenti ed assimilati, sia sotto il profilo del requisito della riconducibilità all’occasione di lavoro.

Sul punto l’Istituto richiama la giurisprudenza della Cassazione (Cass. 9913/2016) secondo la quale l’infortunio si considera avvenuto “in occasione di lavoro” e quindi indennizzabile dall’Inail, non solo quando si sia verificato nell’espletamento delle mansioni tipiche del lavoratore ma anche di attività strumentali o accessorie, in tutte le condizioni temporali, topografiche e ambientali in cui l’attività lavorativa si svolge.

L’INAIL da atto poi di una presunzione semplice di origine professionale dell’infortunio per gli operatori sanitari e per i lavoratori che hanno un costante contatto con il pubblico e perciò maggiormente esposti al rischio contagio, quali lavoratori che operano in front/office alla cassa o addetti alle vendite/banconisti.

L’Istituto si riserva ovviamente anche la valutazione di situazioni in cui non vi sia prova di specifici episodi contagianti o di indizi “gravi, precisi e concordanti” tali da far scattare la presunzione semplice. In questi casi troverà applicazione l’ordinaria procedura di accertamento medico-legale che si avvale di elementi epidemiologici, clinici, anamnestici e circostanziali.

Anche gli eventi di contagio durante il percorso casa-lavoro sono espressamente coperti da tutela assicurativa quali infortuni in itinere, con la prescrizione da parte dell’Inail dell’uso del mezzo privato ritenuto “necessitato” in quanto il rischio di contagio è molto più probabile su mezzi pubblici affollati.

Chiarito il profilo assistenziale, la responsabilità contrattuale del datore di lavoro rimane ancorata all’obbligo di tutela della salute dei lavoratori prescritto dall’art. 2087 c.c e richiede, quali presupposti necessari, l’inadempimento del datore di lavoro all’obbligo di adottare le misure precauzionali necessarie ed il nesso causale tra l’inadempimento e il danno subìto dal lavoratore.

Quanto all’onere probatorio, il lavoratore dovrà dimostrare l’inadempimento del datore ai suoi obblighi in materia di salute e sicurezza ed il nesso causale. Dovrà ovviamente allegare e dimostrare anche di essere stato diligente nell’adozione delle cautele prescritte dal datore di lavoro e dalla legge. La sua eventuale condotta incauta, in virtù del principio di equivalenza delle concause di cui all’art. 41 c.p., non sarebbe tuttavia da sola sufficiente ad escludere la responsabilità datoriale laddove dimostrato l’inadempimento.

Il datore di lavoro, invece, dovrà dimostrare di aver adottato tutte le misure necessarie a tutelare i dipendenti. Nell’attuale situazione emergenziale è certamente difficile delineare i confini di tali misure ma dirimente sarà ritenuto il rispetto del “Protocollo di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro”, che costituisce l’allegato n. 6 del DPCM del 26 aprile 2020. Sostenere che l’art. 2087 c.c. imponga a carico del datore l’individuazione di misure ulteriori e diverse da quelle previste dal Protocollo, sarebbe oggi un onere troppo gravoso per l’impresa.

Nel suddetto Protocollo, il Covid-19 è stato definito un “rischio biologico generico” che comporta la necessità di adottare misure uguali per tutta la popolazione.

Rimane tuttavia l’obbligo per il datore di lavoro di provvedere all’aggiornamento del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR).

Questa interpretazione è stata esplicitata e confermata dalla stessa INAIL con la circolare interpretativa n. 22 del 20 maggio 2020, laddove si rassicura che:

da sempre le patologie infettive (quali l’epatite, il tetano o l’AIDS) contratte in occasione di lavoro sono trattate come infortunio sul lavoro;

– gli oneri per tali eventi infortunistici, ritenuti a priori frutto di fattori di rischio non direttamente e pienamente controllabili dal datore di lavoro, non incidono sulla misura del premio da questi pagato;

– il riconoscimento dell’origine professionale del contagio non è un automatismo e rimane avulso da ogni valutazione in ordine all’imputabilità di eventuali comportamenti omissivi in capo al datore di lavoro;

– non va fatta confusione tra i presupposti per l’erogazione dell’indennizzo Inail ed i presupposti della responsabilità penale e civile del datore di lavoro, che vanno accertati in sede giudiziaria e richiedono la prova del nesso di causalità e dell’imputabilità quantomeno a titolo di colpa della condotta del datore di lavoro.

Conclude pertanto l’INAIL che “La responsabilità del datore di lavoro è ipotizzabile solo in caso di violazione della legge o di obblighi derivanti dalle conoscenze sperimentali o tecniche, che nel caso dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 si possono rinvenire nei protocolli e nelle linee guida governativi e regionali di cui al D.l. n. 33 del 16 maggio 2020”.

Considerate le caratteristiche del virus che si diffonde molto velocemente, i diversi contesti lavorativi, il grado di diligenza del datore nell’adottare le misure di sicurezza e il comportamento del lavoratore all’interno e all’esterno dei luoghi di lavoro, ne nascerà un contenzioso complesso nel quale tuttavia la prova non potrà che essere molto rigorosa.”

Tale illuminante parere trova conforto anche nell’emendamento al Decreto Liquidità presentato dal Ministero del Lavoro, con il quale si andrà a chiarire definitivamente l’assenza di responsabilità per i datori di lavoro che applicano i protocolli in caso di nuovi contagi.

Un testo che assolve dalla colpa l’imprenditore che abbia applicato i protocolli di sicurezza per mitigare i possibili rischi di contagio nei casi di mancato distanziamento, aggregazione ed esposizione con soggetti potenzialmente contagiosi.