Il jobs act torna a far parlare di sé, perché oggi il consiglio dei ministri ha varato gli ultimi quattro decreti attuativi della riforma del lavoro del governo Renzi. Ecco cosa prevedono.

Niente più dimissioni in bianco – Si tratta di quel fenomeno per cui il lavoratore è costretto a firmare delle dimissioni che poi il datore utilizzerà quando più gli è comodo. Adesso non sarà più possibile, perché – come spiega il ministro Poletti – “noi diciamo al datore di lavoro: se ci dai un foglio con la firma del lavoratore, per noi quel foglio non è valido, bisogna far firmare un apposito modulo, con data e numero, da noi preparato”.

Privacy – I controlli a distanza, che tante polemiche hanno creato, si faranno, ma in maniera “rispettosa della privacy”. Quindi, non si potranno installare strumenti di controllo su cellulari e tablet in dotazione ai lavoratori, ma su quegli strumenti ci potranno essere solo “applicazioni finalizzate al lavoro per il quale è stato consegnato”.

Ispettorato unico – Ci sarà un ispettorato unico che avrà la responsabilità delle ispezioni sul lavoro, laddove oggi ne risultavano tre.

Cassa integrazione – La cassa integrazione viene estesa a 1,4 milioni di lavoratori delle aziende da 5 a 15 dipendenti. Durerà 24 mesi, che può salire fino a 36 se si usa la solidarietà. La Naspi, il nuovo assegno per la disoccupazione, che durerà 24 mesi.

Jobs Act: le norme sul lavoro

Ecco i punti principali del Jobs Act, la riforma del lavoro varata dal governo Renzi, che ha anche prodotto i due decreti attuativi fondamentali.

Il contratto a tutele crescenti – Tutti i nuovi dipendenti di un’azienda saranno assunti con il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, tutele che cioè cresceranno in relazione all’anzianità di servizio. L’obiettivo è quindi di fare sì che questoasia la modalità base di assunzione che vada a rimpiazzare tutti i tipi di contratti atipici. Nel consiglio dei ministri del 20 febbraio, per esempio, verranno aboliti i contratti a progetto. Chi ancora lavora con quella formula contrattuale verrà inserito in una “gestione transitoria”, al termine della quale (o almeno così si spera) verrà assunto con la nuova forma contrattuale.

L’articolo 18 – Saranno reintegrati i lavoratori licenziati per motivi discriminatori, ma sarà possibile il reintegro anche per i licenziamenti disciplinari. Possibilità limitata solo ad alcune fattispecie e cercando di tipizzare il più possibile il funzionamento di questi reintegri, per ridurre al minimo la discrezionalità dei giudici. Per i licenziamenti economici che saranno considerati illegittimi resta invece solo l’indennizzo.

Mansioni flessibili – Sarà più semplice far passare il lavoratore da una mansione all’altra, compreso il cosiddetto demansionamento, in caso di riorganizzazione, ristrutturazione o conversione aziendale. Nel testo c’è un passaggio dedicato alla “tutela del posto di lavoro, della professionalità e delle condizioni di vita”.

Riforma Aspi – Il vecchio sussidio di disoccupazione sarà rapportato a quanti contributi il lavoratore ha versato. Chi ha la “carriera contributiva” più importante avrà diritto a una maggior durata dell’Aspi, anche oltre ai 18 mesi massimi fissati fino a ora. L’Aspi sarà esteso anche ai collaboratori, almeno finché queste figure professionali non saranno definitivamente cancellate dal contratto a tutele crescenti. Per chi si troverà nelle situazione più difficili, potrebbe essere introdotto un “secondo Aspi”.

Riforma Cig – Non si potrà più autorizzare la Cig in caso di cessazione definitiva di attività aziendale. Ci saranno nuovi limiti di durata sia per la cassa integrazione ordinaria (che ora è di due anni) sia per quella straordinaria (che è di quattro). L’obiettivo è di assicurare un sistema di garanzia universale per tutti i lavoratori con tutele uniformi e legate alla storia contributiva del lavoratore.

Tutela della maternità – Sarà estesa anche alle lavoratrici prive di contratto a tempo indeterminato, sarà fatto attraverso contratti di solidarietà “attivi” che dovrebbero permettere a tutti di conciliare meglio i tempi di lavoro e di vita.

Agenzia per l’occupazione – Saranno rafforzato le politiche attive per favorire il venirsi incontro di domanda e offerta con la costituzione di un’agenzia nazionale per il lavoro, che nelle speranze del governo dovrebbe funzionare come nel modello tedesco.

Jobs Act, è in arrivo il salario minimo

Sei euro e cinquanta, forse sette euro. La cifra non è ancora stata definita, di certo si sa che il salario minimo entra nell’agenda di governo, all’interno di uno dei decreti attuativi del Jobs Act atteso sul tavolo del Consiglio dei Ministri nelle prossime settimane.

I settori interessati saranno, secondo una nota, non soltanto quelli che non sono già regolamentati da un contratto nazionale, ma anche i contratti di collaborazione in attesa del loro superamento.
Il salario minimo è uno strumento che in Italia si attendeva da anni, perchè garantisce e fissa una soglia al di sotto della quale il datore di lavoro non può scendere nel pagamento. L’Italia è uno degli ultimi Paesi europei ad adottare questa misura, già ampliamente attivata altrove. Fino allo scorso anno c’era anche la Germania che però la scorsa estate ha decretato il salario minimo garantito ad 8,50 euro l’ora.