Importante novità per la tutela del nostro settore contro il fenomeno del “falso artigianato”: prodotti presentati in modo ingannevole al consumatore come “artigianali” ma in realtà realizzati da imprese non artigiane. Grazie ad un emendamento al DDL Annuale per PMI al Senato, a firma del Sen. Massimiliano Romeo (LN) – che ringraziamo per aver raccolto le nostre istanze – nel testo approvato da Palazzo Madama è stato inserito l’articolo 16 nel quale si ribadisce che “nessuna impresa può adottare, quale ditta o insegna o marchio o nella promozione dei propri prodotti o servizi da essa commercializzati, una denominazione in cui ricorrano riferimenti all’artigianato e all’artigianalità dei prodotti e dei servizi, se essa non è iscritta all’albo delle imprese artigiane e non produce o realizza direttamente i prodotti e servizi pubblicizzati o posti in vendita qualificandoli come artigianali” e che prevede per i trasgressori – da parte delle regioni – l’irrogazione di “una sanzione amministrativa consistente nel pagamento di una somma di denaro pari all’1 per cento del fatturato dell’impresa” con un minimo di 25.000 euro per ogni violazione. Ora il provvedimento passa alla Camera per l’adozione definitiva.
“Siamo molto soddisfatti perché rappresenta il successo di una nostra storica battaglia – commenta Marco Accornero, Segretario Generale di Unione Artigiani e CLAAI – questa norma, se confermata dalla Camera, ci aiuterà a contrastare un abuso che registriamo ovunque: nella piccola e grande distribuzione, in tutte le aree del Paese, come nel commercio digitale sui mercati internazionali. C’è chi stampa sull’etichetta in bella vista “gusto artigianale”. In realtà il prodotto è uscito da una catena di montaggio e nessun artigiano ci ha messo un dito. Oppure si parla di prodotto artigianale quando viene realizzato nella grande distribuzione. Altri imprenditori fino a qualche tempo si promuovevano a tutto spiano come “artigiani della qualità” ma senza averne alcun titolo. Eppure la legge parlava già chiaro: solo gli artigiani in regola possono utilizzare la preziosa denominazione “artigianale”. Per gli abusivi? Le leggi nazionali e regionali, datate anni ’80 e pure scarsamente applicate, prevedono ad oggi poco più di un buffetto con sanzioni da poche centinaia di euro. Esprimiamo il nostro apprezzamento ai parlamentari che hanno sostenuto questa nostra mobilitazione, a partire dal Senatore Romeo”.
Rispetto alla platea delle 90mila imprese artigiane attive tra Milano e Monza, sono 14mila quelle più esposte al fenomeno: sono le ditte che realizzano prodotti unici e fatti a mano, alimentari e non. Per loro questa concorrenza sleale è un danno enorme: solo tra Milano e la Brianza vale oltre 700 milioni di € l’anno di mancati incassi. Eppure sono pochissimi gli artigiani che fino ad oggi hanno denunciato, molti per sfiducia, in tanti perché non sanno nemmeno a chi rivolgersi. Lo scorso anno Unione Artigiani aveva organizzato un corso alla presenza dei Carabinieri del Nas e dell’Annonaria della Polizia Locale di Milano per insegnare ad un centinaio di artigiani come riconoscere e denunciare i prodotti sospetti.
Ecco il testo completo dell’articolo 16 del DDL Annuale PMI
Art. 16. (Riferimento all’artigianato nella pubblicità) 1. Al fine di semplificare le procedure di iscrizione all’albo provinciale delle imprese artigiane e fornire maggiore chiarezza e certezza giuridica alle imprese che intendono utilizzare la denominazione di « artigianato », all’articolo 5 della legge 8 agosto 1985, n. 443, i commi ottavo e nono sono sostituiti dai seguenti: « Nessuna impresa può adottare, quale ditta o insegna o marchio o nella promozione dei propri prodotti o servizi da essa commercializzati, una denominazione in cui ricorrano riferimenti all’artigianato e all’artigianalità dei prodotti e dei servizi, se essa non è iscritta all’albo di cui al primo comma e non produce o realizza direttamente i prodotti e servizi pubblicizzati o posti in vendita qualificandoli come artigianali; lo stesso divieto vale per i consorzi e le società consortili fra imprese che non siano iscritti nella separata sezione di detto albo. Ai trasgressori delle disposizioni di cui al presente articolo è irrogata dall’autorità regionale competente la sanzione amministrativa consistente nel pagamento di una somma di denaro pari all’1 per cento del fatturato dell’impresa. La sanzione non può comunque essere inferiore a euro 25.000 per ogni violazione ed è irrogata nel rispetto delle procedure di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adeguano la propria legislazione alle disposizioni di cui al presente comma e al comma ottavo »