“Per il settore dell’artigianato l’articolo 18 non costituisce la priorità degli interventi da mettere in campo per dare un nuovo assetto al mercato del lavoro. Per gli artigiani il Governo punti a ridurre il cuneo fiscale che grava sulle imprese e a favorire i contratti aziendali in deroga a quelli nazionali”.

Lo dichiara, in una nota, il segretario generale della Confederazione libere associazioni artigiane italiane (Claai), Marco Accornero.

Il 65,8%. A questo livello stratosferico ammonta il peso di imposte, tasse e contributi sulle imprese italiane. Il più alto al mondo. Lo rileva il rapporto annuale “Paying taxes” della Banca mondiale sul total tax rate. Tanto per fornire qualche raffronto, alle spalle dell’Italia ci sono: Francia (64,7%), Cina (63,7%), Spagna (58,6%), Russia (50,7%), Germania (49,4%), Usa (46,3%), Grecia (44%), Regno Unito (34%), Irlanda (25,7%). Disaggregando il dato del 65,8% scaturisce che questa montagna è creata più dai contributi (34,8%) che dalla imposizione. Su questo fronte, inoltre, le imprese italiane scontano anche un altro handicap: il record di adempimenti per il pagamento di imposte, tasse e contributi. Per realizzarli, un’impresa italiana impiega 269 ore, il doppio della Danimarca, e molto più anche di Spagna (167 ore) e Francia (132 ore). Con evidenti ulteriori costi indiretti che vanno a sommarsi al già salato cuneo fiscale.

 

“I dipendenti artigiani in Italia – spiega Accornero – sono 2,5 milioni: il 95% non gode delle tutele previste dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori e per questo diciamo che l’intervento dell’esecutivo, per il nostro settore, deve puntare su altri aspetti, in primo luogo sul taglio della tassazione che, come denunciato da un organo autorevole e indipendente come la Banca mondiale, ha assunto aspetti drammatici in Italia.”

“Per recuperare produttività e per abbattere il costo del lavoro, occore inoltre affidare alla fiscalità generale costi che le appatengono, come ad esempio maternità e malattie, semplificare le norme sulla sicurezza del lavoro per le attività meno rischiose che assumo il primo dipendente – conclude il segretario della Claai – bisogna poi combattere l’assenteismo favorito spesso con certificati medici di favore, defiscalizzare gli investimenti in formazione del personale e consentire che le ore di formazione non siano retribuite”.