In un panorama reso ancora fosco dai dati negativi su produzione e Pil, migliora decisamente la fiducia delle imprese, come conferma la crescita dell’indice a quota 90,9 registrata dall’Istat a luglio (dall’88,2 di giugno). Un livello mai toccato dall’agosto 2011.
“Il dato, in controtendenza, appare positivo nel complesso – commenta il segretario generale Claai, Marco Accornero -, anche se una lettura più approfondita fa emergere la negativa conferma della fase di stagnazione dei comparti manifatturieri, a fronte di un lievissimo miglioramento della fiducia espressa dalle pmi dei servizi, dell’edilizia e del commercio.”
Il rafforzamento della fiducia e il miglioramento apprezzabile registrato dall’indice Pmi di luglio sembrerebbero indicare che anche l’economia italiana stia imboccando la via della ripresa e della crescita, dopo un primo semestre 2014 segnato da consumi in regresso e produzione altalenante.
Anche secondo l’Abi, l’Associazione bancaria italiana, si possono cogliere segnali di ottimismo. Secondo le banche italiane infatti l’economia nazionale tenderà a crescere marginalmente nel biennio 2015-16, con il Pil finalmente in salita dell’ 1,3-1,4%. Il rapporto dell’Abi prevede una ripresa del credito, dovuta principalmente alla ritrovata dinamicità dei prestiti alle imprese e dal rilancio dei mutui sulle abitazioni.
Buone notizie che sembrerebbero avallate anche da Standard & Poor’s, che ha riviso al rialzo le stime del Pil tricolore per il 2015 a +1,1%, mentre per il 2016 si punta al +1,2. Permane per quest’anno la previsione di un prodotto interno lordo in flebile crescita dello 0,5%
“Nota dolente – rimarca Accornero – permane la disoccupazione, stimata al 12,8% quest’anno, al 12,5 nel 2015 e al 12 nel 2016. Un dramma che vede in Italia ormai meno di un italiano su due in età da lavoro con un impiego stabile. Il nostro tasso di occupazione si attesta al 48,7%, in Europa superiore alla sola Grecia: un dato insostenibile a livello economico, ma anche sociale”.
Fenomeno tutto italiano quello dell’altissima percentuale di popolazione inattiva, che nel nostro Paese supera il 44% a fronte di una media europea del 36: 20milioni di persone, soprattutto donne, che semplicemente non cercano e non sono disponibili a lavorare.